Caldana, Claudio



"I colori dell'autunno" 100x150 olio su tela

 

Caldana Claudio è nato il 6 marzo 1953 a Povegliano Veronese, dove vive e lavora. Si è diplomato all'artistico di Verona e ha frequentato corsi di restauro e di pittura murale all'Accademia Cignaroli della stessa città. Dipinge da oltre trent'anni. Trascorre i primi sedici alla ricerca di uno stile proprio, dedicandosi alla conoscenza e all'approfondimento di opere d'arte, soffermandosi, in particolare, su quelle dei grandi maestri dell'Ottocento e del Novecento. Sempre in questo periodo partecipa a numerosi concorsi di pittura, ottenendo notevoli riconoscimenti: ricordiamo in particolare, un quarto premio nel lontano 1972.

Dal 1985 Caldana inizia a esporre con una certa frequenza una serie di lavori caratterizzati da quell'originalità stilistica strenuamente ricercata fino a quel momento. Si osservano, ad esempio, quadri in cui dove dovrebbero vedersi i volti delle sue muse, emergono limpide composizioni floreali, palese tentativo dell'autore di delineare una sorte di profilo interiore di quanto raffigurato. Però, siamo ancora nel periodo della ricerca, ed è ancora ricerca quando la pennellata si fa più sicura e decisa. E' ancora quando entriamo nel periodo definito da Caldana "dei velluti" oppure quello "degli affreschi" e successivamente "la luce", "L'oro" e "L'encausto". Sembra che Claudio sia al centro di un vortice senza fine, in una continua voglia di speriementare e di sperimentarsi.

Nel 1996 approda all'informale: più precisamente al "figurativo-informale". Conosce Vera Meneguzzo, critico d'arte di Verona (che lo segue tuttora). Nello stesso anno, durante una personale, questa studiosa scrive: "un novetole passo avanti, sia nella ricerca formale, sia nella coniugazione introspettiva fra significato e immagine, per la pittura di Claudio Caldana che, dopo aver attraversato innumerevoli momenti interpretativi e stilistici, riesce a proporre una serie di opere connotate da inventiva e originalità. Sono i suoi "nudi di donna", colti nell'attimo in cui il corpo esce dal paludamento dell'abito. Così che il Toro scoprirsi si trasforma anche in un divenire, in un farsi e disfarsi che più che evidenziare, suggerisce e sfugge sulla variabile dell'immaginazione. La cromia prescelta si libera sulla tastiera dell'aria conferendo ai dipinti una fragilità eterea, un'impronta che pare ricalcare più che un soggetto reale, un sogno. L'effetto è quello dello zampillo verticale e irrequieto di una fontana, dove pare quasi intravedere delle curve di donna che incessantemente si liberano dai veli".