Sangiovanni, Mario


"Teschio"

olio su carta - 70x120 cm

Sangiovanni Mario nasce a Napoli nel 1939. Vive e lavora a Pozzuoli. Il sogno dell'assoluto Poesia e pittura come risignificazione del mondo. La cifra connotativa della specifica tensione poetica di Mario Sangiovanni va individuata certamente nel desiderio-bisogno dell'oltrapassamento del reale in direzione dell'immaginario, del visto e vissuto in funzione del presente. Cifra, questa, che investe e caratterizza ogni espressione della ricca creatività dell'artista. Caratterizza, infatti, sia la produzione pittorica che quella poetica e letteraria.

Sangiovanni è pittore, poeta e letterato colto e raffinato. Nessuna espressione della sua operosità e frutto di un sentire acerbo e immediatistico, di un sentimento non filtrato o affinato attraverso severe e attente letture e riflessioni. Non "esplode" come pittore e poeta all'improvviso. come per dare libero sfogo a una piena di sentimenti o a una turbinosa e disordinata pulsione emotiva. Fin da adolescente, cura tanto la sua formazione letterario-poetica che quella pittorica. Disciplina e arrichisce il suo sentire con l'assidua frequentazione della cultura espressionistica a cavallo tra Ottocento e Novecento, sia di matrice poetica che grafico-pittorica.

Ad attrarlo e a intrigarlo sono i poeti anelanti all'aperto, da Rainer Maria Sagiovanni, sulla loro scia, anela a superare il mondo dell'accidentale e del casuale, dello storico e del transuente, per approdare a ciò che si configura come stabile e duraturo. La sua ansia di prefigurare e dire l'assoluto lo sollecità ad andare "oltre". Oltre il chiachiericcio quotidiano. Oltre la rappresentazione banale dei sentimenti comuni. Oltre il noto e il normalizzato. Oltre il fugurato come cosa avente un significato oggettivo e valido per tutti. La "cosa" nella sua oggettiva e universale normalità perde ai suoi occhi ogni fascino e ogni attrazione. Va superata, oltrepassata, non in funzione dell'effetto che produce sempre e per tutti, ma di quello che viene colto qui e ora da me, come soggetto senziente particolare.

Di qui la dialettica della negazione del fatto oggettivo, il desiderio dell'oltrepassamento, la ricerca dell'aperto, il superamento del contingente, nell'ansia sofferta di cogliere e rappresentare l'assoluto. Un assoluto che non ha niente dell'universale e necessario. Un assoluto che non è frutto della quiete e del rasserenamento interiore, ma che si fa segno e cifra di un'autorealizzazione individuale sofferta e tragicamente vissuta, tutta tesa nell'ansia di realizzare e forgiare anche un solo verso, una sola figura pervasa dalla limpida luce della bellezza e della gioia.

L'artista, il creativo, procede, perciò, per corrispondenze e simboli, per allusioni e prefigurazioni. Realizza il suo sogno nel viaggio verso l'aperto e non l'approdo.

Nella figura e nell'inseguimento e giammai nella cattura e nel possesso. Il rapporto di Sangiovanni con il mondo "reale" è tutto sotto il segno del congedo e dell'allontanamento. Mai del rifiuto totale.
Il mondo "reale" deve essere superato e salvato, non abbandonato e demonizzato. E l'artista Sangiovanni sa che la salvezza non è mai una conquista collettiva e "politica", ma sempre un'avventura soggettiva e privata. Il mondo è salvabile attraverso la magia trasfiguratrice della singola sensibilità creativa. E' salvabile nella misura in cui il poeta e/o il pittore lo trasferiscono in un invisibile e intangibile "spazio interiore". Lo trasfigurano e lo risignificano con la parola poetica e il segno ricreativo della pittura. L'aperto cui l'artista aspira è là, oltre il mondo reale. Nel cielo limpido e indefinito ove regna l'ignoto. Egli, da "veggente", lo avverte e lo pregusta. Lo insegue e lo desidera. Lo intravede nella trasfigurazione del mondo reale; nel simbolo che l'annuncia e lo indica; nel surreale che lo ridetermina con l'abolizione dell'ordine e della sintassi dell'oggettività sensibile.

Il sogno, la tensione onirica, la fuga dal mondo, l'abbandono del certo e del sicuro, la messa tra parentesi dei valori comuni e comunemente condivisi, lo spregio delle piccole conquiste borghesi, non sono ripudio nichilistico del mondo e della vita. Sono le premesse per l'affermazione di un'altra visione del mondo e di un altro modo per gustare la gioia di una vita più vera.